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sabato 11 giugno 2011

Un poema per la libertà da Sor Angioletto


Stamane, dopo essermi svegliato, aver dato da bere alle angurie e aver mangiato una fettina di bondola con panbiscotto (la colazione dei campioni), ho sentito un ticchettio alla mia finestra. Era la solita selega viaggiatrice che mi ha lasciato questo nuovo poema ad opera del Sor Cecco Angioletto che posto senza ulterior indugio alcuno.

Oh Juanin, la storia si rinnova
il libero pensiero è mutilato
se voglion tappar voce a la tua foga…
ma il popol che ti segue è già indignato.

E sai qual è l’angustia dei messeri?
Quale è il rospo che non san ingoiare?
Che folta schiera ascolta i tuoi pensieri
e non voglion lasciarsi manovrare.

Ma quale contumelia? Quale ingiuria?
Il nostro favellar è d’intelletto
e lor son sol capaci di gran furia
non sanno replicar con stesso detto.

Pretender che ricordino chi era
Marziale
Ovidio
il Porta
e pure il Belli
sarebbe come chieder a una megera
di adornarsi con splendidi gioielli.

Avanti dunque con la lancia in resta
con libelli salaci e repentini,
non sia che morso è messo alla protesta
da questi nuovi e vecchi berluschini.


Permetti al fin ch’io chiosi questo scritto
con un accenno al mio cugin tardone
che ben figurerebbe in quella massa
che vorria tacitar l’opposizione
ma non con verbo mio lo colgo dritto
ma di Alighieri, maestro di gran razza

“Non ti curar di lor ma guarda e passa”


















Sono commosso, Cecco. Ma non s'angusti. Io e Pino non ci faremo certo spaventare da dichiarazioni da bulletti fatte in bar.

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